On air
Io e la radio ci siamo incontrati per caso, ma è stato amore a prima frequenza. All’epoca ero un ragazzo (non che ora sia un pensionato, eh…) e avevo da poco cominciato a fare l’animatore nei villaggi turistici.
Era quello l’unico mondo dello spettacolo che conoscevo, un mondo utopico, dove il tempo sembra sospeso in un eterno divertimento, dove le persone non hanno impegni né orari, ma passano le giornate fra sole, mare e svaghi. Un mondo ideale, forse, ma racchiuso in quel microcosmo che è la località turistica, il villaggio.
Chi ha inventato la radio, invece, ha inventato un mondo senza confini, dove attraverso la voce si può raggiungere una libertà che ha qualcosa di poetico e senza tempo.
Ma torniamo a noi, altrimenti qui mi perdo a filosofeggiare.
Terminata la stagione turistica sono tornato a casa, finché un giorno un invito insperato mi ha dato una scossa durante una fiacca giornata invernale. Simone, una nuova conoscenza, mi ha invitato in radio come ospite.
Ci sono andato senza pretese e senza sapere esattamente cosa aspettarmi, per me era tutto nuovo.
Ricordo come fosse ieri la straordinaria sensazione che ho provato quando ho indossato le cuffie per la prima volta. È stato come se tutto il mondo intorno a me venisse ovattato e io mi calassi in una dimensione nuova, più intima e allo stesso tempo più libera.
Sono rimasto in attesa, l’aspettativa dentro di me cresceva e sentivo che stava per accadere qualcosa di incredibile. Quando finalmente ho visto accendersi la luce rossa dell’on air ho provato una sensazione nuova: per la prima volta stavo andando live senza avere nessuno di fronte. Non vedevo gli occhi del pubblico puntati su di me, né i loro volti curiosi, eppure dentro sentivo che lì fuori c’era qualcuno ad attendermi, qualcuno desideroso di ascoltare la mia voce.
Sono stato semplicemente me stesso e alla fine ho scoperto di essere piaciuto.
Come forse già sai se hai dato una letta al mio sito, di cose ne faccio tante e tutte diverse, ma la radio è senza dubbio un’esperienza unica nel suo genere. Si ti piace ascoltare la radio, sai bene di cosa parlo.
La voce dello speaker diventa una presenza costante delle tue giornate, è solo un suono, eppure ti fa sentire vicino a quella persona, ti fa sperimentare un senso di condivisione che è ben più profondo di un pulsante sui social.
Ecco, quando parlo in radio io penso di parlare proprio a te, a una sola persona, come fossimo amici di vecchia data. Perché so che se tu mi capisci, vuol dire che mi capiscono anche gli altri e che sto facendo bene il mio lavoro.
Cosa bisogna fare per lavorare in radio? Essere sinceri, umili, spontanei e divertirsi, perché solo così puoi parlare non soltanto alle orecchie, ma anche al cuore delle persone. È per questo che di solito gli ascoltatori si affezionano a un certo speaker più che a un determinato canale.
Di cosa parlare in radio? Sicuramente bisogna avere dei contenuti interessanti e saperli esporre in maniera fluida e coerente. Poi i temi dipendono da te, dal programma e dall’emittente. Di solito le radio locali concedono più libertà, perché hanno meno vincoli da rispettare. Per questo quando parlo di radio io penso sempre a quelle locali. La vera radio italiana per me è quella.
E credimi, la radio è una grande scuola e palestra di speaking. È stata proprio la scioltezza e la padronanza che la mia voce ha acquisito in radio a permettermi di affacciarmi a un altro mondo straordinario: il voice over. Sei curioso di saperne di più? Prendo nota, un giorno ti racconterò anche di quello!
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