Il viaggio è dentro di te.
Come promesso nel precedente articolo – se te lo sei perso lo trovi qui nel mio blog – eccomi a raccontarti un lato diverso del Cammino di Santiago.
L’altra volta ti ho parlato di cibo, natura, città d’arte… insomma, di tutti gli aspetti più “turistici” e goliardici del pellegrinaggio. Ma il Cammino è molto, molto più di questo.
Intraprendere questo viaggio significa staccare completamente col mondo e la realtà come li conosciamo per farti proiettare indietro nel tempo. Ti sembrerà incredibile, ma per fare un tuffo nel passato, non serve una macchina del tempo, basta caricarsi uno zaino in spalla e calarsi nello spirito del Cammino.
Qual è questo spirito? È quello di un mondo utopico, in cui non ci sono scadenze da rispettare, bollette da pagare, stress, ansie, lavori e discussioni. Un mondo in cui si vive in sintonia con l’ambiente, regolando il proprio orologio biologico su quello della natura. Ma anche un mondo in cui si entra a far parte di una comunità di perfetti conosciuti, gli altri pellegrini come te, che sono sempre pronti ad aiutarsi l’un l’altro.
“Ma è una vita perfetta!”, dirai tu e be’, sì, è una vita talmente perfetta che forse riprodurla nel nostro quotidiano è impossibile, però sapere che esistono ancora sentimenti puri, profondi e autentici come la compassione, l’umiltà e l’amore, che si incontrano sul Cammino, può comunque aiutarci a migliorare una volta tornati a casa.
La magia del cammino è proprio questa, aiutarci a riscoprire e amplificare quello spirito pellegrino che è insito in ciascuno di noi.
Quando faccio il Cammino, io mi sento me stesso. È come se quei giorni passati fuori dal mondo mi aiutassero a ritrovarmi e riscoprirmi. Mi fermo a parlare con la mia anima e ad ascoltare il mio corpo, capisco cosa mi fa male e perché.
È un modo per prendersi finalmente cura di se stessi, qualcosa per cui nel mondo moderno le persone sembrano, purtroppo, non avere più tempo. I ritmi frenetici e il consumismo ci portano a trascurare le persone per le cose, a partire proprio da noi stessi. Corriamo troppo e spesso senza nemmeno una meta.
Invece, il Cammino una meta ce l’ha e ha anche tante tappe. L’altra volta abbiamo visto quelle geografiche, mentre oggi vorrei porre l’accento sulle tappe dello spirito, che ogni pellegrino sperimenta durante il viaggio: goliardia, simpatia, ilarità, disperazione, stanchezza.
Si incontra perfino la morte, lungo il Cammino di Santiago, disseminato delle lapidi di chi lungo quella strada ha perso la vita. Sono momenti molto toccanti, quelli.
Il mio luogo del cuore, però, è la Cruz de Hierro, una grande croce di ferro che si trova al confine con la Galizia, dove ogni pellegrino lascia un sassolino che rappresenta un peso di cui desidera liberarsi. Io nel mio ultimo Cammino ci ho lasciato un sassolino per un mio caro zio, allora molto malato, cui quel pellegrinaggio l’avevo dedicato. Era in pericolo di vita, ma per fortuna oggi è guarito e sta bene.
La destinazione finale, il santuario di Santiago di Compostela, è un luogo carico di misticismo, che non lascia indifferente nessuno, nemmeno chi, come me, è credente ma non praticante. Ogni volta che ci entro mi commuovo e qualche preghierina, allora, la dico pure io.
Che dire? Spero col mio racconto di averti fatto capire che il Cammino di Santiago è un’esperienza magica e adatta a tutti, da vivere ciascuno a modo suo nella massima libertà, ma sempre con una base di rispetto verso gli altri.
Per il resto, direi che l’unico modo per capire veramente cosa sia il Cammino sia farlo.
Quindi, non mi resta che augurarti Buen Camino!